Il 17 settembre non cadrà di venerdì, ma questo non basta a renderlo più “digeribile” per gli italiani: è questa, infatti, la data di scadenza per pagare la seconda rata dell’acconto IMU. A pochi mesi dall’introduzione della tassazione per gli immobili di proprietà proviamo a fare il punto per scoprire quanto è entrato nelle casse dello Stato e quali cambiamenti (in peggio) alle aliquote sono destinati a far discutere gli Italiani.

Le scadenze
Chiamati a pagare entro la prossima settimana saranno, in realtà, solo pochi degli Italiani alle prese con questa tassazione, vale a dire solo quelli che hanno diviso il pagamento in tre parti (giugno, settembre e dicembre). Nel complesso, parliamo del 5,5% dei 16 milioni di contribuenti. La cifra da pagare a settembre, quindi, corrisponde ad un terzo del totale da pagare. In media, chi risiede in un capoluogo di provincia pagherà il 62% in più rispetto a chi possiede una identica casa in provincia: la cifra media è di 131 euro – anche se le somme salgono in città più grandi come Roma (199 euro) o Torino (224 euro).

Passata questa scadenza, però, la vera preoccupazione degli italiani è legata al 16 dicembre prossimo: al momento dell’ultima rata Imu, infatti, i Comuni avranno finalmente stabilito le aliquote che applicheranno sulla tassazione. Visti i tempi duri per gli enti locali, non ci si aspetta niente di buono. Secondo le rilevazioni del Sole 24ORE – che ha letto i programmi di 80 capoluoghi di provincia – l’80% dei comuni ha già alzato o alzeranno il livello base dell’imposta per le seconde case: l’aliquota media passerà così dallo 0,76% allo 0,95%. Per le abitazioni principali, invece, solo il 40% delle città alzeranno la tassazione, portandola, in media allo 0,44% (mentre il livello base è dello 0,40%).

Alcuni comuni, ad ogni modo, hanno introdotto alcune agevolazioni per “scontare” la rata ad alcune categorie, come chi dà in comodato d’uso un immobile a parenti, o chi possiede il negozio o l’ufficio in cui svolge la propria attività. Nessuno sconto, invece, per gli immobili di società o aziende, che quindi spesso oltre a dover gestire le difficoltà della crisi economica devono anche aggiungere questo ulteriore aggravio fiscale.

Governo ed enti locali: più soldi in cassa
Le misure correttive varate dal Governo da novembre a oggi – di cui l’Imu rappresenta una delle più discusse – sono servite a dare fiato alle entrate dello Stato. Nonostante le condizioni economiche difficili lo stato si ritrova con 232 miliardi di euro, ben il 4,7% in più di quanto incassato nello stesso periodo del 2011. Il dato, che sale al 5,3% se escludiamo la tassa sul leasing immobiliare varata l’anno scorso, ben compensa il calo del gettito iva (-880 milioni di euro in un anno) dovuto al calo di produttività della Nazione.

Per i Comuni, come detto, l’Imposta Municipale Unica sarà lo strumento per recuperare quella liquidità che la crisi economica da un lato, e i tagli centrali dall’altro, hanno tolto alle Amministrazioni. Gli unici a non sorridere, purtroppo, sono i cittadini.

E la chiesa?
Il dibattito sull’Imu vede, da mesi, un interlocutore in più: la Chiesa. Come sappiamo (ne abbiamo parlato più volte) ai tempi dell’Ici tutti gli immobili ecclesiastici erano esclusi dal pagamento, anche quelli che servivano a gestire attività commerciali. Dato che la Comunità Europea si era più volte espressa contro questa scelta, perché discriminante nei confronti degli altri immobili commerciali, il Governo Monti aveva espresso la sua volontà di chiarire la situazione, escludendo dal pagamento solo le strutture religiose. Negli scorsi giorni alcuni giornali avevano espresso le loro perplessità, sostenendo che il decreto attuativo della manovra “Cresci Italia” si troverebbe ancora in una situazione di stallo, con la conseguente persistenza della situazione di privilegio della Chiesa. Lo stesso Ministro dell’Economia, tuttavia, è intervenuto per precisare che il regolamento di attuazione di questa norma c’è già, e che anche gli immobili “misti” – vale a dire quelli ecclesiastici che svolgono attività al contempo profit e non profit – saranno soggetti a tassazione a partire dal 2013.

Fonte: articolo di Vittoria Giannuzzi da immobiliare.it dell’ 11/09/2012

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